La stagione teatrale di Edoardo Siravo inizia con una commedia francese che parla di conflitti tra uomini e donne. Il suo appello per un teatro democratico come nel resto dell'Europa.
Edoardo Siravo, attore e doppiatore, amante del genere e della scrittura di Assous (che ha conosciuto personalmente) , è uno dei protagonisti. E proprio a lui, chiediamo qualche notizia in più sullo spettacolo:
Le nostre donne è una commedia brillante scritta da Eric Assous, drammaturgo, regista e attore francese. E come tutte le commedie d’oltralpe è una commedia intelligente, una peculiarità della commedia francese, quella di trattare temi importanti che toccano diverse problematiche. In questo caso, parliamo del rapporto uomo-donna in chiave ironica ma con una suspence che tocca il giallo.
Che rapporto hai con il femminile?
E’ una domanda che non mi aspettavo (ride). Ho un grande rispetto, seppur non abbia avuto una vita sentimentale facile, ma la colpa è più mia che della controparte. Tirando le somme, ho capito che sono troppo legato al lavoro, e alla fine ho trattato le compagne come amanti. Giustamente, dopo un po’ una donna ha tutto il diritto di stancarsi, perché compete con una ‘moglie’ che è il mio mestiere. Ho un bellissimo rapporto con mia figlia, che è attrice. Sicuramente il miglior rapporto uomo-donna che io abbia mai avuto.
In quale altro modo si potrebbe raccontare la complessità dei rapporti a teatro?
Credo che per un drammaturgo, trattare i rapporti sia difficile. Scrivere di rapporti in un mondo che cambia velocemente diventa complicato. Credo che possano trattare alcuni temi solo se si vivono, se si vuole scrivere bene bisogna avere una capacità di sintesi incredibile. E’ difficile scrivere per il teatro, molto più che trattare i rapporti in un romanzo ad esempio. Ci sono differenze strutturali, se non emergono il pubblico non viene stimolato e a quel punto fugge. Abbiamo carenze nella drammaturgia contemporanea. Cosa che non ci possiamo permettere, soprattutto in Italia dove il teatro è morente. Ma è una problematica italiana, non accade nel resto d’Europa, dove il rispetto per teatranti ed attori fa ancora sperare in un teatro democratico. Da noi questa democrazia che in Europa vive, al momento, non si manifesta più.
Hai doppiato molti attori di un certo calibro, come Jeremy Irons e Gerard Depardieu. Cosa ti hanno regalato in cambio della tua voce?
Mi sono rimasti dentro, soprattutto quelli che hai citato ed aggiungo Goodman perché sono quelli che ho doppiato più di altri. Il doppiaggio è come il teatro, un mestiere che sfiora l’artigianale. E’ un arte che ti consente di ‘conoscere’ attori straordinari, spingendoti alla loro altezza. Forse mi sarebbe piaciuto in alcuni casi approfondire di più ma il doppiaggio ha tempi brevi, non si riesce ad affezionarsi ed apprendere tutto quello che si vorrebbe.
Se tu potessi scegliere un personaggio in grado di dare un contributo significativo al nostro presente, chi vorresti portare in scena?
Porterei di nuovo in scena i nostri grandi Randone, Stoppa, Bosetti, Gassman. Abbiamo una tradizione straordinaria. Eppure sul palco, in televisione, oggi trovo attori che in realtà non identifico come tali e mi chiedo che lavoro facciano quando ne abbiamo tanti e molto bravi che sono parcheggiati a casa. Li vorrei vedere di più su quelle tavole, mi vorrei vedere io stesso di più sul palco.
I prossimi impegni professionali quali sono?
Oltre le repliche di questo spettacolo, sono contento di riprendere Aspettando Godot che andrà in scena a Maggio al Palladium. Affronto un’altra commedia, questa volta Aulularia – L’avaro di Plauto e andrò in scena a Marzo al Teatro Ghione. Poi lavorerò ad un’altra commedia, sempre francese, molto divertente ed intelligente.
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